Negli ultimi due anni, le piattaforme social di Meta si sono trasformate in nodi centrali dell’economia della frode digitale, una rete complessa e in continua espansione che coinvolge truffatori, gruppi criminali transnazionali e strumenti digitali sofisticati.
Le analisi condotte da istituzioni bancarie, enti regolatori e la stessa Meta confermano l’entità del fenomeno, che appare ormai sistemico e in crescita esponenziale grazie alla convergenza di diversi fattori: l’utilizzo illecito dell’intelligenza artificiale generativa, la diffusione globale delle criptovalute e l’impiego di reti criminali ben organizzate, spesso localizzate nel Sud-est asiatico.
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Epidemia di truffe su Meta: quali le cause
Secondo i dati raccolti da JPMorgan Chase, una delle principali banche statunitensi, quasi la metà delle frodi segnalate sulla piattaforma di pagamento peer-to-peer Zelle, tra l’estate del 2023 e quella del 2024, ha avuto origine su Facebook o Instagram.
Considerando che Zelle è controllata congiuntamente da diversi istituti bancari, tra cui anche Wells Fargo e Bank of America, e che la stessa dinamica è stata riscontrata anche presso altri operatori bancari, il dato non può essere considerato isolato.
A conferma della dimensione internazionale del fenomeno, si riportano indagini parallele svolte da autorità di regolamentazione finanziaria nel Regno Unito e in Australia, che segnalano percentuali analoghe di truffe digitali originate attraverso piattaforme Meta.
Ciò suggerisce che il problema sia riconducibile a una strutturale vulnerabilità o permissività dell’infrastruttura pubblicitaria e commerciale delle piattaforme social stesse.
La promozione di truffe su Meta
Un documento interno di Meta, risalente al 2022, riporta che circa il 70% dei nuovi inserzionisti attivi sul sistema pubblicitario della piattaforma promuoveva truffe, prodotti illegali o articoli di qualità estremamente bassa.
Questi dati, emersi da un’analisi interna ai team di sicurezza e compliance dell’azienda, sono stati oggetto di discussione tra i dipendenti, i quali da tempo sollevano preoccupazioni in merito alla mancanza di misure efficaci per contrastare il fenomeno.
Le segnalazioni interne, tuttavia, sembrerebbero trovare scarso ascolto a fronte
degli interessi economici legati agli introiti pubblicitari.
Meta ha infatti registrato nel 2023 un incremento del 22% nel fatturato derivante dalla vendita di spazi pubblicitari, superando i 160 miliardi di dollari.
Le criticità
Secondo testimonianze raccolte da ex dipendenti e attuali funzionari della società, l’approccio interno alla moderazione degli inserzionisti rimarrebbe ancorato a una logica di non interferenza, salvo nei casi in cui vi siano pressioni regolatorie o danni reputazionali estesi.
Anche in presenza di un comportamento fraudolento pregresso, l’eliminazione degli account pubblicitari risulterebbe non sistematica. A complicare ulteriormente il quadro, vi è l’adozione da parte dei truffatori di tecniche sempre più avanzate, che sfruttano l’intelligenza artificiale generativa per creare siti, immagini, offerte e persino chatbot simulanti interazioni autentiche con operatori di vendita.
L’impersonificazione commerciale
Un esempio paradigmatico del fenomeno riguarda l’attività commerciale di Edgar Guzman, titolare di Half-Off Wholesale, un’impresa di vendita all’ingrosso di materiali per la casa con sede in Georgia.
Da circa due anni, Guzman riceve chiamate da parte di clienti truffati da pagine che, utilizzando il nome e le immagini della sua azienda, promuovono offerte fraudolente su pallet di utensili elettrici o lotti di resi Amazon venduti a pochi dollari.
Si tratta di vere e proprie campagne di impersonificazione commerciale, una delle tecniche più comuni nelle truffe su larga scala, che trovano terreno fertile nel meccanismo di sponsorizzazione pubblicitaria di Meta, il quale consente di creare campagne attive in poche ore con scarsa o nulla verifica preliminare dell’identità aziendale.
I danni per le aziende coinvolte
Oltre ai danni per i singoli utenti, che nella maggior parte dei casi perdono somme comprese tra i 30 e i 200 euro senza possibilità di recupero, il fenomeno genera una perdita reputazionale per aziende reali che vengono coinvolte, loro malgrado.
Per le vittime, i meccanismi di reclamo risultano spesso inadeguati: né le piattaforme social né i circuiti di pagamento riescono a offrire un sistema efficace di rimborso o tracciabilità.
Zelle, in particolare, non prevede un sistema di contestazione in caso di truffa, se non in presenza di errore tecnico o frode bancaria interna.
Policy più stringenti contro le truffe su Meta
Al livello macroeconomico, la diffusione capillare di truffe digitali veicolate attraverso piattaforme social rischia di generare un effetto erosivo sulla fiducia nei confronti del commercio elettronico e dei servizi digitali.
In risposta a questa tendenza, alcune autorità nazionali stanno sviluppando policy più stringenti in materia di pubblicità digitale.
Nel Regno Unito, l’Online safety act prevede l’obbligo per le piattaforme di rimuovere tempestivamente contenuti dannosi, compresi quelli di natura fraudolenta, pena sanzioni amministrative rilevanti.
Analogamente, in Australia, la Australian competition and consumer commission ha avviato un monitoraggio sistemico della pubblicità ingannevole su social media, con l’intento di formulare linee guida condivise tra settore pubblico e privato.
Il Dsa europeo
Per quanto riguarda l’Unione Europea, il Digital Services Act (Dsa), entrato in vigore a pieno titolo nel 2024, impone obblighi di trasparenza e accountability alle grandi piattaforme digitali, definite Very large online platforms (Vlop).
Meta rientra tra queste, ed è pertanto tenuta a garantire meccanismi di segnalazione efficaci, revisione dei contenuti sospetti e rendicontazione pubblica delle attività di moderazione.
In base ai requisiti del Dsa, le piattaforme devono inoltre fornire accesso a dati chiave alle autorità di controllo e a ricercatori accreditati, al fine di monitorare i rischi sistemici e l’impatto delle loro scelte algoritmiche.
Contro le truffe, più AI e scoring predittivo
Anche in presenza di normative più stringenti, il contrasto efficace al fenomeno richiede una convergenza di azioni a più livelli.
È necessario migliorare i sistemi di verifica dell’identità per gli inserzionisti, rafforzare i controlli ex ante sulle campagne pubblicitarie e introdurre meccanismi automatici in grado di rilevare pattern di attività sospette.
In questo senso, le stesse tecnologie di intelligenza artificiale impiegate dai truffatori potrebbero essere utilizzate per identificare e bloccare contenuti fraudolenti prima della loro diffusione.
Alcuni progetti pilota in ambito bancario stanno sperimentando sistemi di scoring predittivo per intercettare anomalie nelle transazioni legate ad annunci social, con risultati promettenti.
Il ruolo dell’education
Parallelamente va sottolineata l’importanza di iniziative educative rivolte ai consumatori, affinché siano in grado di riconoscere i segnali di una possibile truffa, evitando clic impulsivi su offerte poco realistiche e mantenendo un atteggiamento critico verso le promesse di guadagno o risparmio facile.
L’alfabetizzazione digitale rimane un pilastro essenziale, anche in considerazione del fatto che una parte significativa delle vittime appartiene a fasce d’età che non sono cresciute con gli strumenti digitali e che faticano ad orientarsi in un ecosistema mediatico sempre più complesso.